Alimenti biologici: da dove viene quello che mangiamo?

Ti sarà capitato di sentire parlare di provenienza degli alimenti, del made in Italy o del made in China… ogni alimento ha una provenienza ed una sua storia. Pensa ad esempio a una mela, quella che mordi dopo cena o durante uno spuntino veloce. Ti piacerebbe sapere dove è stata raccolta ed il viaggio che ha fatto per arrivare fino a te? Il temine “filiera” indica proprio tutto il percorso che un prodotto agroalimentare fa “dal campo alla tavola”: è il cosiddetto sistema di tracciabilità, reso obbligatorio da norme dell’Unione Europea per garantire maggiore sicurezza al consumatore. Più questo percorso è breve – “filiera corta” – e più puoi essere certo che stai consumando un prodotto fresco perché non sottoposto a lunghi trasporti e vari passaggi tra un negoziatore e l’altro. In genere questi particolari alimenti che vengono venduti vicino alle zone di produzione vengono anche detti a “Km zero”, e questa dicitura viene riportata sulle etichette dei prodotti alimentari. Inoltre, questi alimenti hanno per lo più un prezzo contenuto dovuto a ridotti costi di trasporto e di distribuzione, all’assenza di intermediari commerciali, ma anche allo scarso rincaro del venditore che spesso è lo stesso agricoltore o allevatore. Questi cibi, spesso frutta e verdura, hanno una maggiore freschezza e migliori proprietà organolettiche: hanno un sapore più dolce, un odore piacevole e i loro colori sono più luminosi. Se provi a mangiare la famosa mela a Km zero ti sembrerà molto più buona di una mela che ha attraversato diversi paesi e probabilmente diversi climi, prima di giungere sulla tua tavola. filiera

Cosa si intende per alimenti biologici?

Biologico è un altro termine che probabilmente ti sarà capitato di sentire o di vedere stampato sulle confezioni dei prodotti al supermercato. Con il termine “bio” o “biologici” si fa riferimento ad alimenti che sono stati prodotti nel pieno rispetto dell’ambiente. Questi alimenti sono infatti ottenuti con tecniche più vicine a quelle tradizionali o almeno più rispettose della natura, dove viene escluso o limitato a pochi casi l’utilizzo di sostanze chimiche di sintesi, come i fitofarmaci e gli antiparassitari, o di additivi come conservanti, coloranti, esaltatori della sapidità e simili.

IGP, DOP… che significano queste sigle?

Sia la legislazione italiana che quella europea hanno introdotto delle norme specifiche per tutelare e valorizzare le produzioni agroalimentari tipiche di determinati territori e derivate da tecniche di lavorazione legate alla tradizione e alla storia stessa del prodotto. Il marchio IGP sta per Indicazione Geografica Protetta e il marchio DOP sta per Denominazione di Origine Protetta. Entrambi i marchi hanno molto a che fare con la “territorialità” di un alimento, intesa come storia, cultura e tradizione, che rendono un particolare prodotto unico nel suo genere con caratteristiche organolettiche proprie, e lo rendono immediatamente riconoscibile rispetto ad altri prodotti della stessa categoria. L’Italia vanta innumerevoli prodotti a marchio IGP e DOP, ottenuti con particolari procedure che seguono regole ben precise e dettagliate, e che sono sinonimo di eccellenza dal punto di vista agroalimentare. Prova a pensare se conosci qualche prodotto a marchio IGP o DOP… ce ne sono molti. Un esempio? Il parmigiano reggiano che comunemente mettiamo sulla pasta è un’eccellenza italiana a marchio DOP.

Qualche consiglio per mangiare bio e a Km zero

• Al supermercato, controlla i prodotti contrassegnati come bio o a Km zero. • Divertiti a scoprire la provenienza degli alimenti e preferisci sempre quelli prodotti in Italia, meglio ancora se vicino a dove vivi. • Prova a pensare a un prodotto di eccellenza, molto conosciuto nella tua Regione e verifica se possiede il marchio IGP o DOP.

Perché è meglio consumare alimenti freschi o di stagione?

Il trattamento industriale certamente permette di avere a disposizione la grande varietà di prodotti alimentari che trovi sugli scaffali del supermercato; ad esempio la surgelazione della verdura o le diverse conserve permettono di poterla mangiare durante tutto l’anno. Pensa ai pomodori, che trovi più volte nel piatto sotto forma di sugo per condire la pasta: se non esistessero le conserve, potresti mangiarli solo d’estate! Ad ogni modo uno stile di alimentazione sano prevede di rispettare la stagionalità degli alimenti; ciò significa che l’orientamento delle scelte deve essere indirizzato al consumo di frutta e verdura di stagione, che sono più gradevoli e costano meno. Le fragole devono essere consumate in primavera e non in inverno, perché è in quel periodo che maturano e vengono raccolte conservando così caratteristiche nutrizionali molto più elevate. È anche preferibile consumare prodotti freschi in tempi brevi; infatti la prolungata o la cattiva conservazione degli alimenti, ne impoverisce il contenuto in principi nutritivi; in altre parole acquistare un prodotto fresco e conservarlo a lungo, anche se a temperature di refrigerazione, determina una certa perdita di nutrienti.

Questi gli elementi principali da riconoscere

Denominazione di vendita. Indica il nome del prodotto: marmellata, mozzarella, yogurt, pomodori pelati. Il prodotto originale e non contraffatto può chiamarsi solo così. Significa che una “mozzarina” non può essere mai una “mozzarella”, che “gnocchi CON patate” non possono essere “gnocchi DI patate”. Ingredienti. Gli ingredienti devono essere elencati in ordine di quantità. Esempio: l’indicazione, in una marmellata, della dicitura “contiene solo zuccheri della frutta”, oppure “contiene il 50% (o più) di zuccheri della frutta” è un segnale di qualità: significa che non è stato necessario aggiungere zucchero in più per avere un prodotto gustoso. Informazioni nutrizionali. Segnalano quante calorie, proteine, grassi, zuccheri, vitamine, fibre ci sono in 100 g di prodotto. Quasi sempre c’è anche l’indicazione per singola porzione, che è senz’altro più utile. Quantità. Indica il peso (in grammi), oppure il volume (in litri o decilitri) del prodotto. Modalità di conservazione. Segnala a quale temperatura e/o umidità e/o condizioni di luce bisogna conservare il prodotto, perché si mantenga inalterato e sicuro fino alla data di scadenza. Data di scadenza. Esistono due tipi di indicazioni. La prima riporta “da consumarsi entro” con la precisazione di mese e anno. Significa che, oltre quella data, il prodotto può deteriorarsi e non deve essere consumato. La dicitura “da consumarsi preferibilmente entro…”, seguita dall’indicazione del solo anno, avverte invece che, oltre quella data, il prodotto può perdere le caratteristiche di sapore, consistenza, profumo, anche se non diventa nocivo per la salute. Nome del produttore o distributore, luogo e modalità di produzione. Le Autorità europee obbligano a indicare su ogni prodotto il luogo di produzione, il nome del produttore/distributore e, in alcuni casi, anche le modalità di produzione. Esempio: nel caso del pesce va indicato in quale mare è stato pescato oppure se è un pesce di allevamento (in vasca o in mare); nel caso delle uova deve essere indicata la modalità di allevamento delle galline (in batteria, a terra ecc.). • Codice di identificazione (lotto). Sull’etichetta sono riportati una sigla e/o un numero che identifica un certo quantitativo di prodotto fabbricato nello stesso luogo, con modalità identiche. Il codice di identificazione è un’indicazione fondamentale per i SIAN (Servizi Igiene Alimenti e Nutrizione delle ASL) ed i NAS (Gruppi Antisofisticazione e Sanità dell’Arma), per identificare rapidamente tutti i prodotti che possono essere stati oggetto di sofisticazioni, alterazioni o deterioramento. • Prezzo. Le confezioni devono riportare il prezzo di vendita stampato o deciso dal venditore. • Presenza di prodotti transgenici. Deve essere indicata soltanto se gli OGM sono presenti per più dello 0,9%. Accanto alla normale etichetta, su molti prodotti troverai anche una “etichetta nutrizionale” sulla quale sono indicate le quantità di energia e nutrienti per 100 g di prodotto e per unità di prodotto e/o porzione. Tale tipo di etichettatura è prevista facoltativamente, ma diventa obbligatoria qualora un’informazione nutrizionale figuri nella presentazione o nella pubblicità, o suggerisca o richiami particolari caratteristiche possedute da un prodotto (per esempio “light”, “senza zucchero”, “con meno colesterolo” ecc.).