Educazione motoria: le basi per un corretto stile di vita
L’educazione motoria e la corretta alimentazione sono i due elementi dello stile di vita da insegnare ai ragazzi (e da applicare anche a livello personale), come risorse fondamentali per mantenere lo stato di benessere e per salvaguardare la salute a lungo termine.
Il bambino impara a muoversi giocando ed esplorando il mondo attorno: si tratta di movimenti non strutturati, diversi cioè da quelli che, più avanti, caratterizzeranno sport (es.: calcio, basket, pallavolo, palestra) o attività ludiche (es.: gite in montagna, nuoto al mare, pattinaggio su strada, bicicletta, skateboard, danza), ma sono essenziali sia per sviluppare rapidamente una struttura corporea armonica e una migliore capacità di coordinazione ed equilibrio sia per favorire lo sviluppo cognitivo.
Il bambino, attraverso il movimento, impara a riconoscere e ad orientarsi in più realtà, a reagire rapidamente a situazioni estranee al suo ambiente, stimolando così lo sviluppo di reti neuronali fitte e ramificate, dell’autonomia e delle capacità decisionali.
Inoltre, il movimento fa sì che il bambino strutturi meglio il proprio “io”, rapportandosi con gli altri, lo spazio e gli oggetti migliorando i movimenti in relazione allo spazio.
In sintesi, il movimento è una necessità fisiologica a qualunque età, ma i risultati migliori nell’immediato e più duraturi nell’arco della vita si ottengono acquisendo l’abitudine al movimento dai primi anni di vita.
In sintesi, il movimento è una necessità fisiologica a qualunque età, ma i risultati migliori nell’immediato e più duraturi nell’arco delle vita si ottengono acquisendo l’abitudine al movimento dai primi anni di vita.
Educare al movimento sarebbe prima di tutto compito dei genitori, ai quali si dovrebbe affiancare negli anni la scuola, con l’offerta, oltre alle attività inserite nel programma scolastico, spesso non soddisfacenti per carenze di tempo programmato e/o di strutture dedicate, di proposte extra-curricolari, così da coinvolgere i ragazzi in modo piacevole e stimolare l’adesione a programmi continuativi di attività motoria.
La realtà, come sappiamo, è ben diversa. L’obesità infantile (intesa come condizione che interessa già le fasce d’età più precoci) è un’emergenza nazionale, oltre che di gran parte del mondo (anche nei paesi in via di sviluppo), ), che scaturisce da un inadeguato stile di vita che porta allo squilibrio tra la quantità di calorie assunta quotidianamente e quella consumata con il movimento: tra i bambini italiani la sedentarietà si aggira tra il 15 e il 20%, già nella fascia compresa tra i 3 e i 5 anni.
Le cause di una ridotta mobilità sono molte, non ultima la sempre minore possibilità di usufruire di spazi sicuri e/o sufficientemente estesi per giocare/muoversi, accanto alla ridotta sicurezza anche di brevi percorsi di andata/ritorno dalle scuole. Non solo: un’indagine svolta in Veneto, ma che riflette in larga parte quanto avviene in tutto il Paese, ha rilevato una situazione bifronte: una soddisfacente percentuale (54%) di soggetti impegnati in attività sportive extrascolastiche, ma anche un’elevata percentuale di abbandoni, determinata da fattori vari: interferenza con lo studio, altri interessi, orari scomodi e impianti troppo lontani, allenatori troppo esigenti rispetto alle aspettative e agli impegni scolastici dei ragazzi.
Inoltre, l’attrattiva di attività sedentarie come la TV o i videogiochi è dichiarata ed evidente soprattutto a partire dagli 11 anni (scuola secondaria di primo grado). Ed è qui che vanno indirizzati i maggiori sforzi per incentivare corrette abitudini (se già presenti), ma, soprattutto, per convincere e “convertire” al movimento i ragazzini in condizioni di sovrappeso/obesità.
Com’è noto, infatti, l’obesità e il sovrappeso presenti in età evolutiva tendono a persistere in età adulta e sono uno dei fattori di rischio accertati per lo sviluppo di patologie cardio-cerebro-vascolari, diabete di tipo 2 e alcuni tumori.